Buongiorno a tutti.
Mi presento: sono Ambra Roggerini, una studentessa che ormai si appresta a terminare il suo percorso di studi al liceo linguistico e che appena ha sentito parlare con disprezzo di Silvia Romano, la ragazza liberata dopo un anno e mezzo di prigionia in Kenya. Ho deciso per questo di iniziare a difendere i diritti e i valori della nostra nazione e ho sentito il bisogno di “dire la mia”. Innanzitutto la libertà di religione è, fino a prova contraria, uno dei principi fondanti di tutti gli Stati democratici. Secondo l’articolo 19 della NOSTRA (visto che tutti ci sentiamo profondamente e culturalmente italiani) Costituzione, tutti hanno il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata. Alla luce del nostro “sentimento patriottico”, bisognerebbe dunque sempre affidarci alla Costituzione Italiana, ratificata nel 1947, vademecum dei diritti e dei doveri di ciascun cittadino italiano; una parola fondamentale è libertà sia di espressione, sia di pensiero; per questa cagione non mi sento nella posizione di giudicare una giovane ragazza: Silvia Romano, dopo essere stata liberata, ha deciso, “liberamente” o a causa della cosiddetta “sindrome di Stoccolma”, di convertirsi all’Islam. In merito alle accuse che le sono state mosse, tra cui quella di essere una “neo-terrorista”, è sicuramente necessario porre una netta distinzione tra i fanatici religiosi e il concetto di religione in quanto, come tutti ben sappiamo, sono due realtà ben distinte; ciò significa che l’essere religioso non necessariamente equivale ad essere un fanatico e viceversa. Impedire, ostacolare e giudicare la scelta di una giovane donna sarebbe dunque una violazione (nonché una decisiva perdita) dei fondamentali diritti umani, gli stessi per cui hanno lottato i patrioti più convinti. Personalmente ritengo che non sia il velo, la kippah, o una croce appesa con fervido onore al collo a fare di quel cittadino “una brava” o “una cattiva” persona. Ciò che ci distingue dagli animali è l’atto del pensare, tanto che Pascal definisce gli esseri umani “canne pensanti”, ed è bene che alla base di questi pensieri vi sia sempre rispetto reciproco. Facendo ciò, sarà più facile sentirci parte di un tutt’uno, o meglio, sentirci parte del Mondo; convinti di essere cittadini del Mondo, è quindi prezioso lottare per i medesimi valori, difendere le nostre ambite libertà e soprattutto aiutare l’altro, fondamento basilare della coscienza umana, nonché di tutte le religioni. La cosa da tenere a mente è che non c’è una religione più corretta di altre, non c’è limite a quell’amore che tutte le religioni proclamano, non c’è alcuna distinzione religiosa dovuta al colore della pelle; mi è sempre stato ripetuto che, anche se sulla Terra non sarà stato possibile, “davanti a Dio saremo tutti uguali”. Non vogliamo diventare un paese infernale che sulla porta d’entrata abbia la scritta: “lasciate ogni speranza o voi che entrate”, ma un Paese che, si spera al più presto, possa essere sempre più unito, rafforzato e arricchito di ideali e valori. “Fate non foste per viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza” (Dante - Divina Commedia). “A l’alta fantasia qui mancò possa; ma volgeva il mio disio e ’l velle, sì come rota ch’igualmente è mossa, l’amor che move il sole e l’altre stelle”. Ciò che muove il Sole e l'altre Stelle, come si evince da questi versi finali del Paradiso, non è altro che l’amore, ovvero ciò che ci rende più vicini a qualsiasi Dio che esista o meno o ciò che, perlomeno, ci avvicina tra esseri umani. Vorrei concludere con una celeberrima frase di Bertolt Brecht che, a mio parere, pur essendo controcorrente, suggella questa situazione: “beato quel popolo che non ha bisogno di eroi”; anche in questa vicenda di liberazione non ci sono eroi e titani, ma più semplicemente esseri umani. Ambra Roggerini
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L’avvento dei social networks ha radicalmente cambiato il mondo dell’informazione. Da un lato ha permesso la diffusione della cosiddetta controinformazione (cioè di informazioni che si ritengono taciute o riportate in modo parziale e non obiettivo dagli organi di informazione ufficiali) e del pensiero alternativo, dall’altro ha tuttavia intensificato la circolazione delle fake news. La rete non è infatti dotata di un sistema di controllo delle informazioni come gli altri media, per questo motivo la veicolazione di notizie false online è indubbiamente più semplice. In una situazione d’emergenza come quella attuale a causa della pandemia di CoVid-19, la disinformazione può però essere molto pericolosa.
Dall’inizio della diffusione del virus, sono aumentate esponenzialmente anche le false informazioni legate a questa complessa patologia. Una di quelle attualmente più diffuse è la teoria di un complotto che vede la rete 5g strettamente collegata se non addirittura causa dell’epidemia stessa. Col termine «rete 5g» si indica lo standard di quinta generazione delle comunicazioni, un nuovo sistema meno potente in termini di onde elettromagnetiche, ma che migliorerà comunque la qualità delle connessioni Internet e della telefonia mobile. Nei gruppi complottisti il 5g è invece considerato un pericolo per la salute, ma sono proprio gli studi dell’IARC (International Agency for Research on Cancer) a dimostrare che si tratta di radiofrequenze non dannose, perché non ionizzanti e quindi incapaci di colpire il DNA (al contrario,per esempio, delle sostanze radioattive). Questa fake news ha però fatto velocemente il giro del web, giungendo fino a Rosario Marcianò, noto complottista sanremese. Il 23 marzo 2020 la Polizia Postale si è trovata obbligata a porre sotto sequestro i canali social di Marcianò, poiché in un suo video del 19 marzo 2020, oggi rimosso, negava l’esistenza del coronavirus e invitava testualmente gli utenti a violare le disposizioni dettate per l’emergenza con l’obiettivo di destabilizzare il lavoro delle Forze dell’Ordine e dei tribunali. Ecco alcune delle sue dichiarazioni: «La situazione diventerà sempre più grave, sempre più ingestibile e per cui il mio invito non è quello di stare in casa ma è quello di fare di tutto per mettere in seria difficoltà questo esecutivo. Quindi, l’idea migliore sarebbe quella di uscire tutti per strada come facevamo prima in modo tale che poi Carabinieri e Polizia non sappiano più come fare per fermare tutti quanti e gli uffici giudiziari saranno intasati di denunce e non potranno più fare niente. Allora sì che loro saranno paralizzati.» A mio parere, il sequestro dei canali social del complottista è stato necessario, poiché quest’ultimo mirava a destabilizzare l’ordine pubblico, basandosi su fake news, in una situazione già estremamente critica. Tuttavia, secondo alcuni, è stata ingiusta la scelta della Polizia Postale di requisire a Marcianò gli account social, poiché si vuole vedere nella confisca una limitazione della libertà di espressione. Si apre così un complicato dibattito riguardo la libertà di manifestazione del proprio pensiero. Non è affatto semplice, infatti, stabilire fino a che punto si possano tollerare le notizie false e quando, invece, sia necessario intervenire limitando la disinformazione potenzialmente molto pericolosa. Il dibattito è particolarmente acceso in questo periodo, in quanto Andrea Martella, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha deciso di istituire una task force costituita da rappresentanti del Ministero della Salute, della Protezione Civile e dell’Agcom per combattere la disinformazione riguardo al CoVid-19. Martella spiega che una delle principali missioni della task force sarà quella di interfacciarsi con le principali piattaforme social per verificare quali azioni si stiano intraprendendo per contrastare la circolazione di false notizie. Inoltre, aggiunge, «dovrà essere rafforzato il ruolo della Polizia Postale per consentirle di individuare tempestivamente le cosiddette "fonti tossiche" e di interrompere la catena della loro diffusione nei social». Non sono tardate però le critiche verso questa ”unità anti-bufale” di coloro che credono che si tratti di un organismo che non rispetta le libertà costituzionali e che sia intollerante nei confronti di coloro che diffondono notizie non verificate riguardo al virus. Viene spontaneo però chiedersi se sia possibile essere tolleranti nei confronti di teorie che di scientifico non hanno nulla e che possono persino essere molto dannose. Non è sempre semplice darsi una risposta, ma ritengo che non si possa accettare la disinformazione che può persino sfociare in disordine pubblico. E’ evidente, dunque, che talvolta (soprattutto in un periodo di emergenza come quello attuale) non sia possibile essere tolleranti nei confronti di notizie false e nocive che non rappresentano tanto una manifestazione di libertà di opinione, quanto una fonte di pericolosa disinformazione. Valeria Zanotti “Vivere in modo autentico, cosa mi ha insegnato la vicenda di Giacomo Matteotti” “Io il mio discorso l’ho fatto. Ora, a voi preparare il discorso funebre per me.” Questa è una frase emblematica passata alla storia per uno degli attentati più efferati mai commessi in Italia, ovvero quello che coinvolse Giacomo Matteotti. Nominato a segretario del Partito socialista unitario, Matteotti sentì la necessità di opporsi al fascismo e fu peraltro uno tra i pochi che intuì fin dall’inizio che in Italia si sarebbe instaurata una dittatura. Le elezioni nazionali del 1924 portarono alla vittoria del cosiddetto “listone”, ovvero un’alleanza che Mussolini strinse con altri piccoli partiti per assicurarsi la vittoria. Il Duce ottenne una percentuale di voti così alta da far scattare il premio di maggioranza previsto dalla nuova legge elettorale. Ciò scatenò atteggiamenti di diffidenza ed indignazione da parte di numerosi esponenti politici dell’epoca, ma solo uno ebbe il coraggio di sollevare apertamente gravi dubbi sulla legalità di queste elezioni: il segretario Matteotti. Così, il 30 maggio 1924, tenne un discorso provocatorio alla Camera nel quale, senza mezzi termini, accusò il presidente del Consiglio ed i fascisti delle violenze e delle irregolarità commesse sia durante la campagna elettorale che nella stessa consultazione, contestandone la regolarità e chiedendone l’invalidazione. Le sue parole non vennero di certo tollerate dal nuovo dittatore che ordinò l’uccisione dell‘impavido segretario: il 10 giugno 1924 egli trovò ad attenderlo sotto casa un’auto scura; Amerigo Dumini ed altri fascisti lo trascinarono all’interno e lo uccisero sull’auto in corsa, pugnalandolo al petto e abbandonando poi il cadavere nella “macchia della Quartarella”, un bosco a pochi chilometri da Roma. Fu ritrovato soltanto il 16 agosto dello stesso anno. Credo personalmente che la posizione assunta da Matteotti possa essere definita un pubblico atto d’accusa, o meglio, una denuncia di illegalità, forse un ultimo sforzo per evitare che il fascismo prendesse definitivamente il sopravvento, sovvertendo qualsiasi logica e forma di democrazia. In una dittatura l’eliminazione delle cosiddette “voci fuori campo”, voci di opposizione e presa di posizione, pare quasi una caratteristica contingente, intrinseca alla natura stessa di questa, per così dire, “forma di governo”. Ciò è dimostrato da tutte le dittature del secolo scorso e non: Hitler in Germania, Stalin e l’anno del Terrore (1937) sono gli esempi più eloquenti nell’immaginario collettivo, tuttavia la lista potrebbe essere molto più lunga ed articolata. Matteotti ricorda il pensiero del filosofo tedesco Heidegger che ho apprezzato particolarmente: come direbbe quest’ultimo, il segretario del Partito socialista unitario ha deciso di vivere la propria vita in modo autentico, di crescere e costituire il proprio percorso politico ma soprattutto personale attraverso le scelte che permettono all’uomo di imboccare la strada dell’autenticità. Non cedette mai alla tentazione di lasciare tutto, nemmeno quando comprese di essere isolato all’interno del proprio partito. (La solitudine di Matteotti, Gianpaolo Romanato (Storia Contemporanea - Università di Padova). Sorge spontanea la domanda: bisogna porre dei limiti alla libertà personale di espressione? Un esempio di assoluta libertà è la Costituzione americana promulgata il 21 giugno 1788. Gli Stati Uniti fanno della libertà di espressione un principio fondante della democrazia. Infatti, nel Primo emendamento viene dichiarato: «Il Congresso non promulgherà leggi per il riconoscimento ufficiale di una religione, o che ne proibiscano la libera professione; o che limitino la libertà di parola, o di stampa; o il diritto delle persone di riunirsi pacificamente in assemblea e di fare petizioni al governo per la riparazione dei torti>>. Anche in Italia si arrivò a questo traguardo ma soltanto il 1 gennaio 1948 quando entrò in vigore la nuova Costituzione repubblicana, quasi duecento anni dopo! Sia la vicenda di Matteotti un monito per tutti noi: egli, come viene definito dallo storico Sabbatucci, fu un personaggio dal grande carisma, la punta dell’opposizione contro l’omologazione, l’asservimento di idee antidemocratiche ed a sfavore della libertà personale. Era consapevole di pagare un caro prezzo per tutto ciò, sapeva che la propria vita sarebbe stata messa a repentaglio ma forse, il valore dei propri ideali era più grande del valore della stessa. Matteotti credo volesse lasciare un segno, cambiare qualcosa e dissociarsi da “coloro che sono sospesi senza infamia né lode” (Dante, Inferno II, v.52). Sofia Mazza |